E’ la prima e la più classica delle domande, molto generica, a cui purtroppo non corrisponde una risposta certa e univoca, ossia valida in tutti i casi.
Sotto il nome di “onde elettromagnetiche” (e.m.) viene racchiuso tutto un insieme di fenomeni che hanno la stessa base fisica (il campo elettromagnetico, nella fattispecie generato artificialmente) che possono differire nella scala delle grandezze principali come la frequenza, l’intensità e la direzione di irraggiamento, e di conseguenza generare diversi effetti biologici.
Per i dettagli si rimanda alla letteratura specializzata; in calce viene riportato il link al documento riassuntivo dello studio IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro). Il titolo tradotto del documento è che “Lo IARC classifica le radiofrequenze come possibili cancerogeni per gli esseri umani”.
Generalmente parlando, si possono distinguere in prima battuta gli effetti acuti da irraggiamento (per onde e.m. ad elevata intensità), certi e molto nocivi, osservabili nell’immediato o breve periodo ed effetti a lungo termine, ossia quelli causati da una esposizione prolungata (dell’ordine di molti anni) alle onde elettromagnetiche. Su questi ultimi, la letteratura non è ancora giunta a conclusioni unanimi e definitive; è però unanimamente riconosciuta la opportunità di attuare il principio di minimizzazione, ossia di progettare opportunamente, misurare e prendere tutti gli accorgimenti necessari per minimizzare l’esposizione all’irraggiamento e.m., soprattutto per i soggetti costituzionalmente più vulnerabili come minori, anziani, malati.
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